A cura di Angela Mingoni
Per capire cosa sia il
Brit-rock (o, per essere più puntigliosi, la British Invasion, solo poi mutata in rock britannico) occorre partire un
po' da lontano. Immaginiamo l’Inghilterra degli anni ’60 con le
minigonne, il twist e i vinili; uniamo sonorità ”leggere” alla
Beatles dei primi dischi e riusciamo, almeno in parte, ad avvicinarci
e toccare quelle atmosfere. Sopravvissuto nel tempo e nello spazio,
arriva quatto quatto fino a noi, anche grazie a Les Brucalifs che ne
mantengono alta la bandiera con un Ep di cinque pezzi, chiamato
“Tearunner”, che te li raccomando. Ma andiamo con ordine e
partiamo subito con “Alibi”, iniziando con un sound più cupo ed
intimo del previsto, dove la voce è calda e il suono dell’organino
fa da sfondo ad un viaggio in macchina, tra le campagne verdi e le
strade polverose, con il sole che ti scalda la pelle e ti da conforto
nella tua fuga da qualcosa o da qualcuno che non ti piace più. La
chitarra non lascia tregua, è sempre lì preponderante e conferisce
grande forza al pezzo che si lascia ascoltare con molto piacere e ti
fa muovere e tenere il tempo nel silenzio, magari, di una biblioteca. Dunque Brit rock. Gli
Oasis ne sono stati un fulgido esempio negli anni ’90 ed in effetti
sembra quasi di sentirli in “Tearunner”. Il mood è
spudoratamente inglese ma non ne diventa mai caricatura. Non vogliono
strafare questi ragazzi del Triveneto ma non si può tralasciare il
fatto che siano ottimi musicisti. Ancora abbiamo la forza delle
chitarre, ma adesso si aggiunge un irriverente pestare sui tamburi
della batteria. La voce sta un po’ in disparte, è come un' eco
lontano che si intrufola tra le maglie della musica. Questo schema un po’ si
ripete in “Smash Or Fix”, tranne che per l’aggiunta di una
linea di basso incredibile, piacevole e pulita e l’intromissione
della chitarra acustica. Esse fanno da sfondo ad un modo di cantare
più roco e ruvido, con quelle piccole sbavature che rendono un
gruppo più credibile, visto che la perfezione non appartiene a
nessuno. Il fatto è, e non deve
essere presa come offesa, che ti viene proprio voglia di ballare su
pezzi come questo e se balli vuol dire che ti diverti e se ti diverti
allora un album è assai ben riuscito. C’è anche da aggiungere
che i mitici Sixties non riguardavano solo l’Inghilterra.
Chi non ricorda i Beach Boys non lo sa, ma il quintetto è noto per
aver contribuito a formare lo stereotipo della California come terra
di surf, sole perenne e mega parties sulla spiaggia; questa è
di certo la giusta ambientazione per “Stop The Monos”. Quella
simpatica nota di allegria che non guasta e anzi, ti fa dimenticare
per un po’ dove ti trovi, ti fa uscire dal grigiore delle infinite
e buie giornate invernali. Ed è ciò che un disco
deve effettivamente fare; riuscire a trasportarti in una dimensione
diversa, in un mondo lontano dal tuo per farti staccare la spina, per
impedirti di pensare. La chicca finale, proprio
perché è l’ultimo pezzo dell’EP, si intitola “SGT Liridon”.
Qui esce completamente il vero spirito di una band che non ha paura
nel proporre anche un pezzo acustico, che mostra la sua vera natura
senza nascondersi negli studi di registrazione, perché se vivi al
Nord, nelle zone più remote tipo Gorizia, Mestre e dintorni ti
capiterà sicuro di sentirli dal vivo e almeno sai già cosa ti
aspetta.
Giovani, freschi e
decisamente bellocci, (che non guasta mai); ecco le caratteristiche
che fanno di Les Brucalifs un gruppo un po’ scanzonato, a tratti
leggero, e sempre piacevole, che sceglie l’inglese come
portabandiera della propria musica per farla conoscere, forse, nel
mondo.
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