mercoledì 20 febbraio 2013

Les Brucalifs - "Tearunner"



A cura di Angela Mingoni
Per capire cosa sia il Brit-rock (o, per essere più puntigliosi, la British Invasion, solo poi mutata in rock britannico) occorre partire un po' da lontano. Immaginiamo l’Inghilterra degli anni ’60 con le minigonne, il twist e i vinili; uniamo sonorità ”leggere” alla Beatles dei primi dischi e riusciamo, almeno in parte, ad avvicinarci e toccare quelle atmosfere. Sopravvissuto nel tempo e nello spazio, arriva quatto quatto fino a noi, anche grazie a Les Brucalifs che ne mantengono alta la bandiera con un Ep di cinque pezzi, chiamato “Tearunner”, che te li raccomando. Ma andiamo con ordine e partiamo subito con “Alibi”, iniziando con un sound più cupo ed intimo del previsto, dove la voce è calda e il suono dell’organino fa da sfondo ad un viaggio in macchina, tra le campagne verdi e le strade polverose, con il sole che ti scalda la pelle e ti da conforto nella tua fuga da qualcosa o da qualcuno che non ti piace più. La chitarra non lascia tregua, è sempre lì preponderante e conferisce grande forza al pezzo che si lascia ascoltare con molto piacere e ti fa muovere e tenere il tempo nel silenzio, magari, di una biblioteca. Dunque Brit rock. Gli Oasis ne sono stati un fulgido esempio negli anni ’90 ed in effetti sembra quasi di sentirli in “Tearunner”. Il mood è spudoratamente inglese ma non ne diventa mai caricatura. Non vogliono strafare questi ragazzi del Triveneto ma non si può tralasciare il fatto che siano ottimi musicisti. Ancora abbiamo la forza delle chitarre, ma adesso si aggiunge un irriverente pestare sui tamburi della batteria. La voce sta un po’ in disparte, è come un' eco lontano che si intrufola tra le maglie della musica. Questo schema un po’ si ripete in “Smash Or Fix”, tranne che per l’aggiunta di una linea di basso incredibile, piacevole e pulita e l’intromissione della chitarra acustica. Esse fanno da sfondo ad un modo di cantare più roco e ruvido, con quelle piccole sbavature che rendono un gruppo più credibile, visto che la perfezione non appartiene a nessuno. Il fatto è, e non deve essere presa come offesa, che ti viene proprio voglia di ballare su pezzi come questo e se balli vuol dire che ti diverti e se ti diverti allora un album è assai ben riuscito. C’è anche da aggiungere che i mitici Sixties non riguardavano solo l’Inghilterra. Chi non ricorda i Beach Boys non lo sa, ma il quintetto è noto per aver contribuito a formare lo stereotipo della California come terra di surf, sole perenne e mega parties sulla spiaggia; questa è di certo la giusta ambientazione per “Stop The Monos”. Quella simpatica nota di allegria che non guasta e anzi, ti fa dimenticare per un po’ dove ti trovi, ti fa uscire dal grigiore delle infinite e buie giornate invernali. Ed è ciò che un disco deve effettivamente fare; riuscire a trasportarti in una dimensione diversa, in un mondo lontano dal tuo per farti staccare la spina, per impedirti di pensare. La chicca finale, proprio perché è l’ultimo pezzo dell’EP, si intitola “SGT Liridon”. Qui esce completamente il vero spirito di una band che non ha paura nel proporre anche un pezzo acustico, che mostra la sua vera natura senza nascondersi negli studi di registrazione, perché se vivi al Nord, nelle zone più remote tipo Gorizia, Mestre e dintorni ti capiterà sicuro di sentirli dal vivo e almeno sai già cosa ti aspetta.
Giovani, freschi e decisamente bellocci, (che non guasta mai); ecco le caratteristiche che fanno di Les Brucalifs un gruppo un po’ scanzonato, a tratti leggero, e sempre piacevole, che sceglie l’inglese come portabandiera della propria musica per farla conoscere, forse, nel mondo.







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